martedì 21 aprile 2009

Ginevra. Ipocrisia e tabù.

Il convegno dell' ONU a Ginevra sul razzismo, argomento di un certo rilievo, non monopolizzato organizzativamente dalla combriccola Usa Ue, per fortuna, è divenuto oggetto di ipocrisia euroamericana in relazione al semplice ed ovvio fatto che la politica israeliana nei confronti dei palestinesi è intrisa (da sempre) di razzismo, e comunque di disprezzo per la vita (altrui). Il razzismo israeliano, come ogni errore israeliano, è indicibile, è un tabù: felicemente sul pianeta vi sono molti popoli che invece sono liberi (tramite i loro rappresentanti) di dire pane al pane e vino al vino. In sintesi: Israele come Stato è una ingiusta creazione realizzata sessanta anni fa a spese dei palestinesi, sostenuta all'inizio un po' da tutte le potenze vincitrici della seconda guerra mondiale, per opportunità politica e per senso di colpa, gonfiata dai soldi americani e dai soldi delle ricche comunità ebraiche di tutto il mondo, che fa del disprezzo e della prepotenza la sua ragione, abolendo dalla sua immagine il concetto di torto. In Israele non ci sono specchi, politicamente parlando, quei pochi vengono spezzati, in nome del vittimismo. Israele è una fabbrica a ciclo continuo di antisemitismo, di cui si serve come propellente.
Sostenere che Ahmadinejad è "come Hitler", una sciocchezza, produce di sicuro la spinta ad una paradossale rivalutazione di Hitler. E' ciò che gl'israeliani vogliono.
Mentre i morti crescono innumerevoli, e l'ingiustizia fa carriera, questa macchina per farsi odiare montata da sessanta anni in Palestina resta un oggetto d'infinita analizzabilità.

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