venerdì 29 maggio 2009

D'Alema finge di non sapere che esiste il blind trust

Nell'intervallo della partita finale della coppa dei campioni ho seguito una parte del colloquio tra un giovanotto di Repubblica e Massimo D'Alema, trasmesso dalla tv del giornale romano...Ho stima per D'Alema, non politica, ritengo che non sia un coglione, ma dovrebbe fare meno ironia e sarcasmo, compiacersi meno della sua innegabile intelligenza e durezza, vestirsi meno da gagà e farla finita con la sua barca del cavolo, ma in fondo sono fatti suoi.. Naturalmente è un traditore del comunismo, viene del resto da un partito che di comunista aveva solo la sigla, addetto al pompieraggio delle masse proletarie e, ben che andasse, utile ad una certa pedagogia la cui attuale mancanza è certo fonte di orrori senza fondo, come il fenomeno degli operai metallurgici con tessera Cgil e votanti per la cosiddetta Lega nord...

Il giovanotto ha segnalato come una critica a D'Alema il non trattamento serio, da parte dei governi di centrosinistra, della pratica detta ipocritamente "conflitto d'interessi", e il nostro ha affermato che costringere Berlusconi a cedere i suoi beni "conflittuali"sarebbe servito a poco: sarebbero andati ai figli o a compari e non sarebbe cambiato nulla.

D'Alema finge di non sapere che il metodo per neutralizzare l'oscenità che paghiamo anche davanti al mondo intero, avere un miliardario in euro padrone di tre reti televisive come capo del governo, c'era e c'è: consiste nel fissare la regola che chi assume una qualche carica d'interesse pubblico debba cedere i suoi affari a gestori SCONOSCIUTI. L'ha fatto il governatore della banca d'Italia Draghi. Nella lingua dell'impero si chiama blind trust...

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