venerdì 13 luglio 2012

Venerdì penitenziale, ieri: articolo di fondo severo e insieme accorato sul Corriere, dal pulpito si rivolgeva ai fedeli un accademico pubblicista, artigli d'acciaio sotto il velluto dei guanti.
Se il Paese va come va, male, traduciamo in italiano la predica retoricamente aperta da una colonna di Perché? , ciò dipende dal fatto che il sistema non è regolato secondo le esigenze del liberismo:  competizione, concorrenza, merito, e soprattutto mercato, tanto mercato e sempre.
Il tipo, presumibilmente percettore di tre stipendi almeno, teniamoci bassi, se la prende con ogni forma di "garanzia" di reddito che è rimasta, e con quelle uccise negli ultimi anni, parla di "corporazioni" che resistono al "cambiamento", eppure appartiene ad una delle più vistose, quella universitaria. Mette insieme ricchi e poveri, padroni e servi, laureati e analfabeti, padroni ed operai, nel nome di un "Noi" che non esiste altro che nella sua testa, e in quella di chi come lui s'incarica d'imbrogliare le carte.
"Interesse generale", "Noi".
Balle.

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