domenica 8 luglio 2012

Nel supplemento della domenica di un quotidiano nazionale ho letto un articolo in merito al fenomeno del rifiuto che alcuni scrittori operano o hanno operato in merito a certi loro lavori aventi come oggetto politiche e leader politici oggi considerati in genere "negativamente". Così una poetessa che abbia scritto tanti anni fa dei versi su Stalin, può preferire che tali versi siano dimenticati, per esempio abolendoli da una nuova raccolta dei  suoi lavori. Fatti suoi. Qualche studioso può invece conoscere tali versi rifiutati e ritorcerli contro la poetessa in questione, secondo l'attuale spirito anticomunista.
D'altra parte uno scrittore può rivelare al pubblico di aver da giovane servito come soldato di un esercito oggi universalmente esecrato in quanto espressione del nazionalsocialismo e di Hitler. Ed essere criticato non solo per la sua adesione giovanile, ma per averla fin qui taciuta.
Oppure ad una scrittrice può esser rinfacciato di aver lei contribuito alla manutenzione della sicurezza del socialismo nel suo Paese, ai tempi.
Non va mai bene, insomma.
Secondo il nostro parere, uno scrittore, poeta, artista, ha pieno diritto di rinnegare o non rinnegare certe sue opere ed ha pieno diritto di raccontare (o non raccontare) quel che ha fatto da ragazzo, da giovane, o semplicemente in altri tempi, non importa che in questione siano Stalin, Lenin, Mao, a sinistra; o Hitler e Mussolini, a destra: infatti potrebbe trattarsi anche d'altri argomenti, magari autobiografici e del tutto privati. Come ha diritto di distruggere le sue carte inedite. Quanto al materiale edito, esso da qualche parte sopravvive e chi ne è in grado può leggerlo e di nuovo pubblicarlo, senza bisogno di inchiodare l'artista al suo passato in nome del ruffianissimo presente.
E infine: queste cacce alle streghe "estremiste" fanno pensare che oggi l'unico artista che può dormire tranquillo sia quello che ha sempre avuto idee politiche "moderate".

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