lunedì 25 giugno 2012

Scapestrato in gioventù, punito duramente dallo Stato, ora al lavoro sulla via della santità completa, stavolta il nostro scrive dalla Norvegia (Repubblica, sabato scorso) sul processo al giovane norvegese che nell'estate del 2011 fece, in patria, una strage di suoi coetanei e di adolescenti - credendo forse di essere un militare in divisa armato fino ai denti di qualche esercito foraggiato con i soldi dei contribuenti?
Invece era un privato cittadino, e adesso paga come tale, per sua fortuna in un Paese civile.

Ciò sembra non piacere del tutto al corrispondente futuro santo e a certi suoi colleghi, che blaterano domandandosi se l'assassino è pazzo perché nazista o nazista perché pazzo.

Nel film di Rossellini "Germania anno zero" due tipi si scambiano la seguente battuta: eravamo nazionalsocialisti, ora siamo nazisti. La contrazione ha avuto fortuna, ed ha abolito la notevole complessità insita nel termine "nazionalsocialista", intanto facendo fuori il termine "socialista".

A parte questo, l'etichetta di "nazista" come tutte le etichette funziona in quanto è sganciata da un'analisi dei fatti etichettati.

Dunque affermare che l'assassino norvegese è "nazista" non convince. Troppo comodo.  La domanda di cui sopra, se si è pazzi perché nazisti o nazisti perché si è pazzi, del resto, dà anche per scontato che sia noto il significato di "pazzia". Mica facile. La domanda consta di due incognite, come si fa?

Uccidere decine di persone inermi è follia?
Allora farne fuori in un attimo alcune decine di migliaia, come quando qualcuno ha sganciato una bomba atomica su Hiroshima (1945) è follia?


In Siria, oggi, è in atto della follia?

E poi: se le posizioni estreme, in politica, sono etichettate come folli, allora sani di mente sono solo i moderati?

Per sua fortuna l'assassino norvegese è giudicato in un Paese civile, e sarà punito, e pagherà il suo crimine, o in un carcere o in un ospedale psichiatrico, comunque non in un cesso o in un pollaio, come invece gli capiterebbe in Italia.

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