giovedì 13 giugno 2013

"La reggia di Caserta è un bene comune", abbiamo sentito dire ieri sera in tv da un'avvenente giovane donna. Il tg trattava dei cattivi affari che il celebre "sito" realizza in termini di visitatori, e della stanchezza che a quanto pare coglie i lavori di manutenzione. 
La persona citata, non ricordo a che titolo conoscitrice della materia, pronunciando la celebre formula ("bene comune") che da qualche semestre attira anche la nostra pigra attenzione,  e che ha dato luogo ai tempi ad una pungente definizione da parte di Rossana Rossanda, quella di "benecomunismo", ci ha aperto  uno spazio di comprensione. Per i benecomunisti l'atto di denominare un qualche "oggetto" come Bene Comune è sacrale ed esorcizza fatti che, invece, rimandano a realtà del tutto diverse, si tratti di acqua potabile, boschi, brughiere o per l'appunto regge prestigiose. Fatti spiacevoli, ma di natura solida, come lo sono il potere e/o la proprietà privata. Invece della presa del potere i benecomunisti praticano la presa verbale. Sacramentale, ecco, la formula "bene comune" è come un sacramento.
Corpus Domini Nostri Jesus Christi?
No!
E' un'ostia!

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