sabato 12 giugno 2010

Mai arrendersi alle parole.

Paginone ieri, dedicato dal Corriere al famoso soldato israeliano che a quanto pare è prigioniero dei palestinesi a Gaza. Intervista con foto al padre del ragazzo. Abuso ripetuto del termine "rapito", come se il soldato in questione fosse un bambino o un farmacista o la moglie di un notaio, rapiti dai banditi. Ce ne siamo già occupati, di questa infamia verbale.

Stavolta vorremmo fissare un'impressione, quella che l'assolutamente privato (la famiglia di un soldato prigioniero del nemico, catturato in guerra) può diventare un affare internazionale da cui dipende la vita quotidiana, direttamente, del milione e passa di persone stipate nella striscia di Gaza...

Tra parentesi: dove abiti? Nella striscia... Mai arrendersi alle parole...

Dall'assoluto chi -se -ne -frega mediatico nostrano relativo alla prigionia dei milioni di persone sulla facciaccia della terra, alla morte delle decine di migliaia di persone ammazzate nelle tante guerre o guerriglie, stavolta (e non solo stavolta) si scorre nell'assoluto oh-mio-dio relativo a un caso privato, a un caso individuale.

Il soldato israeliano catturato e prigioniero fa parte della ristretta schiera della casta dei Signori, uno dei loro vale più di un milione dei membri della casta dei Plebei.

Auguri.

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