sabato 25 giugno 2011

Marco Pannella, abbiamo letto nei giorni scorsi, attua il suo nuovo "sciopero della fame" (e "della sete") usando se stesso come "scandalo" allo scopo di attirare l'attenzione sullo stato schifoso delle carceri italiane, dove stentano la vita il doppio o il triplo delle persone "ospitabili" in tale arcipelago dell'orrore.
Di fatto, tuttavia, Pannella reclamizza se stesso, cioè uno dei due termini dell'impresa: l'altro essendo inerente a troppe variabili per essere affrontabile senza un capovolgimento di prospettiva, quella della giustizia, incastonata nell'equità sociale, tra l'altro estranea a Pannella, che è un liberale.
Pannella reclamizza se stesso, si eroicizza, espone gli scavi corporei che le sue privazioni solidoliquide realizzano nel suo corpo, tutto qui. E' possibile che qualcuno lo ammiri a causa di questa sua nuova iniziativa "non violenta", in realtà violenta proprio contro il suo corpo, che lui martoria in nome di un narcisismo innegabile.
Riteniamo che le persone interessate al cambiamento sociopolitico debbano mangiare e bere, insomma nutrirsi, allo scopo di poter organizzare la lotta per tale cambiamento. Serve la salute, non lo sfinimento.

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