venerdì 11 novembre 2011

Il debito pubblico (quello italiano ammonta a millenovecento miliardi di euro), è, come ricordo didatticamente a me stesso, l'ammontare del denaro che lo Stato si fa prestare (si è fatto prestare) da coloro (banche o privati) che dispongono di "risparmi" o meglio di capitali: allo scopo di far fronte alle spese (buone o cattive, giuste o sbagliate) che devono essere sostenute dallo Stato stesso. Questi prestiti, che hanno luogo non per spirito di solidarietà sociale, ma perché rendono ai prestatori, oggi, da circa il 2% (in Germania) fino al 7% (in Italia), sono investimenti o almeno operazioni tendenti a conservare il capitale di chi teme che esso sia diminuito dall'inflazione. Lo Stato in definitiva, meno è capace di far fronte alle sue spese per mezzo della leva fiscale (tasse), e più si fa prestare soldi da banche e privati. Intere fette di cittadinanza italiana, nei decenni, invece di pagare le tasse hanno prestato i soldi allo Stato, guadagnandoci sopra.
Un grosso debito pubblico segnala non tanto uno Stato sprecone, quanto uno Stato debole con i ricchi, quindi ingiusto. Da questo punto di vista l'Italia è uno dei Paesi più ingiusti del pianeta, gli Usa stanno in testa a tale classifica.

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