venerdì 16 novembre 2012

Due giorni sono passati da quando abbiamo letto sul Corriere della sera che dal 2001 a oggi su vari luoghi prossimi a Gaza - ed abitati dagli israeliani - sono stati lanciati 14 mila razzi. Abbiamo fatto un paio di divisioni, ne risulta una media di tre razzi al giorno.
Si sa, del resto, che le medie sono solo una rappresentazione della realtà.
Anche i totali tuttavia lo sono.
Ci chiediamo se qualcuno ha conteggiato anche le sassate tirate da dimostranti imberbi contro le truppe israeliane durante le due Intifada. Gli sputi, i vaffanculo. O gli ulivi segati.
Intanto, dall'inizio di questa nuova puntata del dramma, a tre persone morte da una parte, ne corrispondono ventinove dall'altra. E lo sbilancio cresce.

Noi vorremmo lo stesso numero di morti e feriti da ambo le parti: zero.

I fautori della teoria secondo cui chi critica Israele è un "antisemita" perché tra l'altro non critica né evidenzia altre realtà del pianeta dove si declina la distruttività umana, ma solo Israele, dimenticano o fingono di non sapere che in Palestina da decenni si rappresenta l'umano al suo peggio, che la Palestina straziata è il teatro principale dell'abissalità. La Palestina è la New York dell'orrore, quello che lì succede, succede ovunque.

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