venerdì 23 novembre 2012

Un gruppo di sostenitori del Tottenham (nome di un "quartiere" di Londra), forse in trasferta a Roma per l'incontro tra gli Hot Spurs ("speroni roventi" giustappunto di Tottenham) e la Lazio, riuniti in un cosiddetto pub, sono stati assaliti durante la notte prima della partita, giorni or sono. A quanto pare hanno avuto la peggio, e qualcuno è finito all'ospedale. L'assalto è avvenuto in zona Campo de' fiori, gli assalitori, numerosi e dotati di armi contundenti, a quanto ne sappiamo noi che siamo costretti a vivere lontano da Roma e dalle sue innegabili delizie, sono sconosciuti. Quando la polizia ne rintraccerà qualcuno, ne sapremo di più.

Commentando questo fattaccio non particolarmente nuovo, Alessandro Portelli, ieri sulla prima pagina del quotidiano tardo trotzkista Il Manifesto ha espresso certe sue opinioni sulla politicità del tifo calcistico estremo. Insigne studioso di letteratura inglese ed americana (ne ricordiamo un pregevole saggio su Joseph Conrad pubblicato molti anni fa da Einaudi, che tuttavia noi non siamo riusciti a leggere fino al termine a causa del fatto che adoriamo Conrad e non c'importa nulla del fatto che politicamente fosse un reazionario), il Portelli afferma, tra le  altre cose, che l'appartenenza calcistica non ha ragioni. Scrive che se uno è di Firenze tifa per la Fiorentina, tutto qui, e dichiara di essere, lui, tifoso della Lazio perché suo padre fu giocatore di quella squadra. Tutto qui.
Se ciò significasse che il tifo in genere è irrazionale, noi saremmo d'accordo, ma se volesse significare che si tifa per una squadra per motivi inconsistenti, allora non saremmo d'accordo.
Vi sono calciofili fiorentini che non tifano per la Fiorentina, noi ne conosciamo uno, è un nostro parente neppure troppo lontano, che è fortemente juventino. Come la mettiamo?
Sappiamo che i molti tifosi di Juventus, Milan e Inter, milioni di persone, sono soltanto in parte calciofili torinesi o milanesi. Una quantità di tifosi, anche organizzati e militanti, direbbe Alessandro Dal Lago, di cui ricordiamo un notevole studio sul tifo intitolato Descrizione di una battaglia, una quantità di tifosi di una di queste tre squadre che dominano i campionati italiani da sempre, sono residenti in città cittadine paesi e borghi che non hanno nulla a che fare con Torino e Milano. Come la mettiamo?
Un nostro amico di gioventù, fiorentino, tifava per la Roma. Un giorno gli domandammo perché (...) tifasse per la Roma, e lui, lasciandoci senza parole, ci rispose che da bambino l'aveva scelta "perché era la squadra della capitale". Conosciamo un sardo che vive in Toscana e tifa per il Torino, forse perché ha studiato in quella città, da ragazzo.Come la mettiamo?
Torniamo ai tifosi di Juve, o Milan, o Inter non  torinesi né milanesi. E' probabile che costoro abbiano scelto una di quelle tre squadre, magari seguendo abitudini di parenti ed amici, perché  esse garantiscono ai loro sostenitori grandi e grandissime soddisfazioni, la Juve soprattutto in ambito nazionale, il Milan soprattutto in campo internazionale. Ciò, noi diremmo, ha una sua logica. Non è senza ragione.

Si tratta di milioni di persone, e già la quantità diviene qualità, tra le quali migliaia sono tifosi militanti e organizzati che talvolta colorano di politica il loro tifo, allo stadio e anche fuori. A Livorno, città "rossa", i tifosi importano nel loro linguaggio militante del "rosso", a Roma, dove i fascisti sono una presenza consistente assai, ci pare, i tifosi spesso importano nel loro linguaggio e militanza del "nero". Fanno della politica? Chissà. In un senso infimo, forse.

Non è che, se uno dice che la tale è una bella passera, fa dell'ornitologia. Non è che, se un gruppo di tifosi sciorina Che Guevara o falce e martello, fa della politica, né se espone una simil svastica e inneggia ai "forni". Trattasi di politicità del tutto posticcia.

A Roma, si sa, molti sono per la Roma, e pochi meno stanno per la Lazio. A Genova si tifa per il Genoa oppure per la Sampdoria. A Torino per la Juve o per il Toro. Noi tuttavia non sappiamo perché si "sceglie" la Roma o la Lazio, il Genoa o la Samp, infatti queste sono coppie di squadre che offrono ben poche soddisfazioni concrete ai loro tifosi. Ci dev'essere dell'altro. Motivazioni personali, di famiglia, di quartiere, forse anche "politiche". Ma non prive di ragione.

Un giovane maremmano, per dire, può sceglie la Juve, opera un qualcosa che ha motivazioni, insomma, lui opta per. "Optare per" riguarda anche i romani, i genovesi. E' ben qualcosa.

No, l'appartenenza calcistica non è senza ragioni, anzi, è ricca di motivi, tra i quali quello identitario, che non è da buttar via, come il Portelli vorrebbe. L'identità sociale è importantissima e si appoggia anche sul tifo. La nostra squadra del cuore fa parte del nostro "Sé", intimo e pubblico. Anche il nostro linguaggio politico, raffinato come quello del laziale Portelli o rozzo come quello dei moti tifosi della Lazio.

Torniamo a Campo de'Fiori. L'aggressione contro i tifosi inglesi (se pure erano tifosi e non semplici turisti) con ogni probabilità ha avuto a che vedere con uno o più episodi analoghi avvenuti, magari nei decenni, tra Londra e Roma. Si tratta di faide.

Il film, in altri termini, non è iniziato ieri, né finirà domani. Sedersi in sala e tacere, please.


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