venerdì 30 novembre 2012

L'articolo di un certo Visetti sulla Repubblica di oggi a proposito del Tibet ci ha ricordato certe pagine "cinesi" di Kafka, tra le quali molti ricorderanno La costruzione della muraglia cinese. K segnalò narrativamente come il procedere di tale opera gigantesca sfuggisse a chiunque, come nessuno avesse la possibilità di fare verifiche complete, a causa della lunghezza della muraglia. Ne conseguiva, secondo K, che dire alcunché sul procedere della costruzione della muraglia era impossibile.
Il Visetti da parte sua nel mezzo del suo lungo testo dichiara che nessuno può verificare la veridicità delle denunce di parte buddista, perché nessuno ha il permesso di andare nei luoghi tibetani della "repressione" e del "genocidio culturale" agiti, a quanto pare, dal governo della RPC in Tibet.
Si dirà che la muraglia esiste, ora lo sappiamo. Ora. Ai tempi di Kafka, cento anni fa, no.
Con  l'aggravante che i fatti del Tibet hanno una consistenza un pochino meno pietrosa della muraglia.
Tra l'altro, in un altro punto dell'articolo il Visetti si cala nel ridicolo segnalando che le persone che, a quanto pare, si danno fuoco per protesta, "rinunciano alla reincarnazione". Di che cosa sta parlando?

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