sabato 28 gennaio 2017

Proporzionalismo assoluto

La legge elettorale incombente sulle nostre teste è stata ufficialmente corretta dalla Corte costituzionale nei giorni scorsi. Lo spaventoso trucco consistente nel mettere due partiti primeggianti non importa con quale percentuale di voti in gara tramite "ballottaggio", e nel dare poi la maggioranza schiacciante dei seggi al vincitore, è stato abolito. La Corte costituzionale ha previsto che il cosiddetto premio di maggioranza sia attribuito al partito (o raggruppamento di partiti) che raccolga almeno il 40% dei voti. Non abbiamo approfondito il tema della cosiddetta soglia di sbarramento (significa che per portare rappresentanti del "popolo" in parlamento un partito debba superare una percentuale minima di voti, per esempio del 4 %). 
Abbiamo notato il fu Renzi Matteo di nuovo in tv a sparare i suoi slogan per deficienti, ci vuole pazienza e ironia.
Riproponiamo la nostra idea su un modo giusto di eleggere rappresentanti in parlamento (Camera e Senato):
Ogni 200.000 voti totali un partito (o come lo si vuole oggi denominare) porta un rappresentante: significa che per un deputato e un senatore un partito deve raccogliere 400.000 voti in totale. 
Lista unica nazionale decisa dal partito - come tale partito ritiene che sia giusto (tramite primarie? Prendendosi direttamente la responsabilità della lista?), senza necessariamente badare alle "realtà locali". Non c'importa di mandare in parlamento un bischero solo perché siamo corregionali.
Altro punto decisivo: è necessario vincolare il numero degli eletti al numero dei votanti, per cui se votassero per ipotesi solo venti milioni di persone vi sarebbe un numero proporzionale di eletti: cento deputati, e un numero di senatori che dipenderebbe dal numero degli elettori abilitati per età a votare per il Senato.

Proporzionalismo assoluto, si capisce. Giusto, che è tutto, e favorevole alla politica come arte, sfavorevole invece alla politica dei grulli di tamburo.

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