giovedì 21 maggio 2015

Foto, video, testimonianza, delazione

Il Corriere ha pubblicato in questi giorni una (ben fatta) fotografia che mostra un giovane intento plasticamente a bastonare un poliziotto posizionato a terra. Si tratterebbe d'una immagine colta durante gli scontri avvenuti a Milano il giorno dell'apertura dell'esposizione "universale". La polizia sostiene di aver individuato il giovane bastonatore, e lo ha arrestato nonostante che lui non presentasse più, al momento dell'arresto, un certo dettaglio fisico - invece presente nella foto. Guai seri lo aspettano, infatti i poliziotti hanno il permesso di bastonare i manifestanti, ma i manifestanti non devono bastonare i poliziotti, che rappresentano lo Stato, come sappiamo monopolista della forza e della violenza. Ora noi domandiamo: la persona che ha scattato la foto di cui sopra  per motivi professionali - non per altro, forse - è o non è da considerarsi, indirettamente, una "spia", un "delatore"? Lo è anche il Corriere?
Su questo interrogativo un altro, uscito beffardo dalla nostra riflessione, si è appoggiato: i video - non di rado realizzati da casuali utenti dei popolarissimi strumenti fotografici "digitali" - che, riprodotti dai media, mostrano agenti di polizia intenti a picchiare in modo vario ed esagerato persone da loro arrestate - non sono anch'essi materiale indirettamente "spionistico", "delatorio"?
A parte il fatto che un video è ben diverso da una foto, a parte il fatto che in questione è anche il concetto di testimonianza, diremmo che vi sono "delatori" professionali e "delatori" non professionali, così come vi sono fotografi dilettanti e fotografi professionisti. L'uso dei loro documenti "testimoniali" è da valutare come "buono" o come "non buono" a seconda del punto di vista che si ha o si assume in merito allo Stato ed al suo monopolio della forza e della violenza.

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